“… non vi è alcuna identità di genere al di sotto delle espressioni di genere; quell’identità è performativamente costituita dalle stesse “espressioni” che, si dice, ne sono il risultato”

(Judith Butler, Scambi di genere, Sansoni 2004)

 

Con il progetto Il posto delle fragole, ovvero Un paese per le donne desideriamo valorizzare la figura femminile come figura che vive e opera attivamente e quotidianamente nella società a cui appartiene, attraverso il suo particolare sentire e seguendo motivazioni forti che le permettono di combattere, giorno dopo giorno, non per l’affermazione di sé ma per l’affermazione di valori.

Ci piace pensare che un essere umano non debba trovarsi forzatamente a formarsi e ad agire nel mondo a immagine e somiglianza di un altro essere umano, ma che possa nascere dotato di quella libertà, che spetterebbe a ogni individuo, di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, indipendentemente dal sesso cui appartiene.

Sappiamo bene che gli stereotipi e i pregiudizi hanno una loro disutilità sociale perché, semplificando e categorizzando la realtà, consentono un enorme risparmio cognitivo e impoveriscono la possibilità di sviluppo del pensiero critico – sia di chi guarda che di chi è guardato -, ancorando la navigazione dell’Essere nel porto sicuro dei luoghi comuni e dei pregiudizi e, quindi, limitando la comprensione del mondo e generando questioni di sfruttamento e potere.

«È curioso come il teatro funzioni sempre molto bene quando le cose vanno molto male…
Forse è giusto che sia così.
È dalle cose che ci fanno male che possiamo ripartire per trovare quelle che ci fanno del bene.»

(Replicante teatro)


Ore 10,00 – 12,30 | Sala A del Centro Congressi

Riparare con l’oro 

Laboratorio esperienziale sulle pratiche teatrali in ambienti detentivi.

Conduce l’incontro Antonella Iallorenzi – Direttrice Artistica della Compagnia Teatrale Petra.

In collaborazione con la AVVC – Associazione Valdostana Volontariato Carcerario – che opera da anni nella Casa Circondariale di Brissogne.

In Giappone esiste un pratica chiamata Kintsugi (riparare con l’oro) che consiste nel riparare oggetti (in genere di ceramica) con l’utilizzo di oro fuso. Questa pratica che per certi versi ha una sua dimensione filosofica, parte dal principio che ogni cosa rotta possa acquisire un valore unico se riparata con il metallo prezioso. Prendendo spunto dal Kintsugi abbiamo iniziato a riflettere sul concetto dell’imperfezione: nella cultura giapponese nessun oggetto deve essere perfetto. Una ferita, una frattura può essere un’occasione per potersi immaginare migliori, generando una bellezza ancora più preziosa. La spinta vitale che tale pensiero genera è alla base del nostro percorso con gli attori detenuti. Fratture profonde che hanno bisogno di molto materiale per essere ricomposte in nuova, più preziosa forma. L’incontro proposto muove dal Kintsugi attraverso cui ognuno può raccontare la propria storia. Racconteremo il nostro percorso nella Casa Circondariale di Potenza attraverso la pratica delle attività proposte ai detenuti durante il lavoro in carcere. Fase dopo fase cercheremo di condividere la poetica, le azioni e gli obiettivi che ci muovono e com·muò·vo·no.


Ore 21,00 | Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto

Donne da dentro

Enrico Montrosset dialoga con Antonella Iallorenzi

A partire dalla lettura, a cura di Andrea Damarco, di un brano – scelto dall’ospite e tratto da un’opera letteraria – il filosofo Enrico Montrosset condurrà un’intervista diversa: una chiacchierata che intende coinvolgere il pubblico, aprendo la serata a un momento di confronto e condivisione.

«Per fortuna, ho scoperto
che tutto
può essere trasformato in parole
e ho continuato ad andare avanti
spandendo
le parole in cui mi disfo.»

(Ana Blandiana, Un tempo gli alberi avevano gli occhi, Donzelli editore, Roma 2004)


Ore 10,00 – 12,30 | Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto (giardinetti)

Autobiografia poetica del paesaggio

Laboratorio di lettura e scrittura poetico-creativa.

Conduce l’incontro Azzurra D’Agostino – poetessa.

«Abitate la casa e questa non crollerà», scriveva Arsenij Tarkovskij in una sua poesia. La poesia è il linguaggio preferenziale per leggere, e anche esprimere, il nostro “abitare la terra”. Il procedere per immagini, per evocazioni e suggestioni, consente di farci riflettere e in qualche modo esperire in maniera più profonda il nostro abitare il mondo. L’incontro con la casa, quella familiare e quella che ci accoglie, quella che costruiamo e quella che attraversiamo per un breve tempo. Il paesaggio, l’ambiente, la città, la casa, sono elementi fondanti e centrali in qualunque biografia. Per poter scrivere di sé. indagare il pezzo di mondo in cui siamo inseriti diventa un modo ricco, perché apparentemente traslato, di leggerci e raccontarci.

Con gli strumenti della poesia, leggendo testi di grandi autori, ma anche attraverso giochi ed esercizi nati intorno a questa forma d’arte, cercheremo la nostra voce e la forma per dire la nostra storia. Mettendoci in ascolto delle storie e delle voci altrui. L’autobiografia poetica del paesaggio, dunque, diventa un laboratorio di lettura e scrittura dove tutti possono essere parte attiva e scrivere.

Materiale necessario all’incontro

Una foto cara legata all’abitare, che faccia parte di un proprio album personale; una foto del posto in cui si abita, con o senza figure umane o animali. Carta e penna. Chi preferisce, può scrivere su computer.


Ore 21,00 | Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto

Donne di Pietraluna

Enrico Montrosset dialoga con Azzurra D’Agostino

A partire dalla lettura, a cura di Andrea Damarco, di un brano – scelto dall’ospite e tratto da un’opera letteraria – il filosofo Enrico Montrosset condurrà un’intervista diversa: una chiacchierata che intende coinvolgere il pubblico, aprendo la serata a un momento di confronto e condivisione.

«… poi, quando i nostri sguardi si incrociano, il mio e quello di mia madre, lei mi sorride ed è come se io venissi colpita da una palla di fuoco.
Da tempo mi sono accorta che è il mio passato a creare il mio presente.»

(Yang Erche Namu con Christine Mathieu, Il paese dell donne, Sperling & Kupfer, 2003)


Ore 10,00 – 12,30 | Sala A del Centro Congressi

Madre da te io ricevo

Laboratorio in cui fare esperienza della creatività, accoglienza, disponibilità e forza del principio femminile.

Conduce l’incontro Enrica Salice.

«Imparare a ricevere per imparare a dare: questo è il nostro primo movimento verso la vita: come figlie e figli prima, come donne e uomini sempre». (Enrica Salice)

Materiale necessario all’incontro: Tappetino per Yoga


Ore 21,00 | Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto

Il paese delle figlie

Una lettura scenica di Replicante teatro

da “Il paese delle donne” di Yang Erche Namu.

Adattamento originale di Replicante teatro, con Barbara Caviglia e Andrea Damarco .

Il paese delle donne è quello del popolo Moso, un piccolo fazzoletto di terra cinese ai piedi dell’Himalaya. I cinesi chiamano quella zona isolata ‘Il Paese delle figlie’. La storia racconta di questa società matriarcale, facendola risalire ufficialmente al VI secolo, ma, probabilmente, la sua esistenza risale a molto tempo prima. I Moso praticano ancora oggi le loro antiche tradizioni, nonostante i loro usi possano sembrare “insoliti” al resto del mondo. La loro è, appunto, una civiltà fondata sul matriarcato: i Moso non conoscono né padri né mariti e, anzi, non possiedono nemmeno le parole per designarli.

Le madri sono il capo del nucleo familiare. I maschi adulti e le figlie femmine nascono, crescono e restano nella casa di famiglia con le madri. I bambini sono allevati dalle madri in una situazione di famiglia allargata che comprende zie e zii, cugini e cugine e, naturalmente, la nonna.

I bambini prendono i nomi dalle madri e l’asse ereditario è esclusivamente femminile. Non esiste il vincolo di matrimonio e il loro vocabolario non prevede la parola “padre“. Nella loro comunità è sconosciuta la gelosia, la violenza sessuale e l’omicidio. Sono una società pacifica e democratica.

Al termine dello spettacolo Enrico Montrosset dialogherà con Enrica Salice al fine di poter avviare un confronto aperto con il pubblico: un’occasione per toccare con mano che un mondo diverso non solo è possibile, ma esiste già. Basta solo considerarlo.

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