L’ultima notte di Don Giovanni
concerto per attori e chitarra elettrica
con
Marco BRUNET
Andrea DAMARCO
Lilliana NELVA STELLIO
musiche originali: Marco BRUNET
drammaturgia: Andrea DAMARCO
ideazione live: Lilliana NELVA STELLIO
architetture sonore: Luca MINIERI
Don Giovanni e Edmond Rostand
Con Mozart e Da Ponte Don Giovanni raggiunge il punto più alto… dopo, per lui, non resta che l’inferno…
Per tutto l’Ottocento, Don Giovanni non farà altro che sprofondare sempre più nella sua crisi esistenziale. Impigliato nel Romanticismo prima e nel Decadentismo poi, non troverà più quella libertà di spirito che gli aveva consentito di assaporare i piaceri della vita. Non solo, ma durante l’Ottocento prende anche un brutto vizio… quello di innamorarsi. Così, tutta la leggerezza che gli aveva consentito di svolazzare tra note e gambe scompare e, da “angelo dell’amor crudele”, si trasformerà in un “Icaro precipitante” destinato a schiantarsi in quella fratta di teoremi sempre più complicati, sempre più pesanti, che lo inghiottiranno in un oceano di elucubrazioni…
Edmond Rostand, autore del fortunato Cyrano, scrive La dernière nuit de Don Juan che verrà pubblicato (e anche rappresentato) dopo la sua morte (2 dicembre 1918).
Edmond Rostand non può essere definito un naturalista o un simbolista, non è uno scrittore d’avanguardia e nemmeno un autore comico, ma sostanzialmente un poeta che, in piena belle époque, si dimostra pienamente consapevole della metamorfosi storica avvenuta e, senza tentare di ridar vita ad un corpo ormai esangue, ci restituisce un mito ancora capace di stupire…
Il suo Don Giovanni comincia là dove finisce quello di Mozart, e cioè nella discesa all’inferno ad incontrare il diavolo, al quale è legato da un rapporto che non è quello della vittima nei confronti del proprio carnefice ma, piuttosto, quello di un dipendende nei confronti del proprio datore di lavoro: Don Giovanni è il sicario del diavolo… Un sicario che, obbligato a stendersi sul lettino di un precoce psicoanalista (il diavolo stesso), attraverso un gioco di riflessi (anche l’ambientazione – Venezia – è il luogo dei riflessi) indaga su se stesso…
L’ultima notte di Don Giovanni
Se il famoso Cyrano rostandiano altro non è che un Don Giovanni della parola che, consapevole della sua bruttezza, non ama gli specchi e va a riflettersi nell’Altro, nel prestante ma inconsistente Christian, Don Giovanni, consapevole di essere un mito, per restare vivo necessita di specchi (che lui non teme, anzi, li ha inseguiti e celebrati per tutta la vita) che lo riflettano, perché tutto ciò che gli resta è la contemplazione di ciò che è stato…
Ma chi è stato in realtà?
… Voci e ombre (del passato e delle sue mille e tre amanti), chiamate a rivivere da un diavolo che (per l’occasione) si “fa” anche Paracelso, a poco a poco gli levano tutto, lo spolpano, brano a brano e, Don Giovanni, da grande tessitore di inganni, si scopre insetto impigliato nella tela che lui stesso aveva tessuta…
Il verdetto del diavolo (che poi è un ennesimo riflesso di Don Giovanni stesso) è tremendo e coerente col gioco del riflesso: Non il fuoco eterno, ma l’eterno teatro! In un piccolo inferno di tela, il teatrino dei burattini, confinato in un palcoscenico delle dimensioni di una scatola, sarai condannato a recitare te stesso: l’eterno adultero su uno sfondo azzurrino…
Andrea Damarco
Certi progetti rimangono per anni tra le pieghe dei desideri.
Forse è per questo che non si abbandonano.
Uno tra questi voleva in forma “live” un impasto tra il Teatro e la protagonista assoluta della musica rock, blues ed haevy metal:
la Chitarra Elettrica: suono distorto, trasgressore – benedetto/maledetto – e mito indomito di eccessi e dannazioni…
Andrea arriva con un testo, c’è il Don Giovanni in questione…: un mito in attesa di essere suonato come si deve!
Don Giovanni: vizioso, immorale, sfrenato – benedetto/maledetto – che si consuma consumando…
La commistione è istantanea. È un connubio brutale, malinconico, ed inquieto insieme, degno di un mondo crudo e tragico: il nostro.
E, come sempre accade alle cose che devono accadere, anche l’occasione di collaborare con Marco (amico, musicista e chitarrista “consumato”), si fa concreta…
E, la “materia rock” si compone, via-via, ruvida, graffiante, languida, diretta… in osmosi con la drammaturgia di Andrea e con il fatale crollo del mito di Don Giovanni…
Don Giovanni: burattino in permanente rappresentazione di sé stesso; calcolatore usa-e-getta di un mondo femminile chiamato – anch’esso – a recitare la sua parte…
Don Giovanni: burattino-collezionista di donne, e dei loro dolori (di cui lui stesso è l’artefice), che infligge lacerarando, corrompendo, dominando, possedendo: vivi-per-me-soffri-per-me… Ninon, Agata, Lucilla, Chantal, Amanda, Isabeau … tutte…
Son 1003!
Don Giovanni: infelice riflesso della nostra contemporaneità superficiale, egoista…
Tra le note distorte dalla nostalgia e tra gli accordi, a tratti ludici e contorti, le vittime di Don Giovanni, non più burattini delle farse d’amore, ma oramai solo ombre e spettri della coscienza, lo accompagnano sulla soglia dell’ultimo sipario: non l’inferno – che scongiura senza rimorsi – ma l’eterno teatrino del Gran Burattinaio. Una dannazione insospettata, ma spietata quanto la sua malvagità…
(Da Molière: “… gli uomini acconsentono di buon grado ad essere malvagi ma non potranno mai sopportare di essere ridicoli…Il teatro è di grande efficacia: un gran colpo per tutti i vizi degli uomini, l’esporli così alla derisione universale”).
Un Requiem per Don Giovanni… poi, gli ultimi accordi di una Chitarra chiudono il siparietto.
Lilliana Nelva Stellio
La promiscuità è stata alla base del nostro lavoro musicale…
Si comincia e si finisce con quanto di più “dark” Mozart abbia mai scritto: l’ouverture del Don Giovanni e il Dies Irae dalla Messa K 626. Dentro c’è di tutto: i temi classici, seppur trasfigurati, si alternano a quelli originali, i momenti “hard” a quelli “soft”.
Credo che questo spettacolo possa essere definito un incontro a metà strada.
Da una parte la chitarra, che non vuole commentare ma che ambisce a diventare personaggio, dall’altra gli attori, le voci, che diventano parti musicali, sorgenti di suoni ancor prima che di parole.
Marco Brunet