Settimana teatrale all’Area

un progetto originale di Barbara Caviglia e Andrea Damarco

Aosta, Area Megalitica di Saint Martin de Corléans / 1 – 7 novembre 2018

L’Area Megalitica di Saint Martin de Corléans si trova a sei metri sotto il livello della realtà attuale. Si trova a seimila anni da qui. Il teatro nasce a metà strada tra i solchi delle arature megalitiche e i solchi della nostra esistenza. Entrambi sono qui, in equilibrio in una compresenza di presenti.
Il teatro lavora sul qui e sull’ora attraverso le visioni dell’uomo: qualcuno vede una cosa – nell’attimo in cui la vede quella cosa è – il teatro la rende esistente.
Ogni volta in teatro si compie un rito: attraverso un atto espressivo e vivente di contemplazione, l’uomo agisce il mistero con la sua carne, le sue ossa, il suo respiro.
Questo il motivo che ci ha fatto desiderare di condividere in questo recinto sacro che è l’Area Megalitica di Saint Martin de Corléans una Settimana di Teatro e Dialoghi con il pubblico.

Barbara Caviglia e Andrea Damarco

Sezione matinées

Speciale scuole

5, 6, 7 novembre 2018 – ore 10.00

Collettivo Progetto Antigone

Direzione artistica Letizia Quintavalla

PAROLE E SASSI

LA STORIA DI ANTIGONE PER LE NUOVE GENERAZIONI

con

Barbara Caviglia

LA TRAGEDIA GRECA RACCONTATA ALLE NUOVE GENERAZIONI

Antigone, antica vicenda di una giovane donna che lotta per i propri diritti in una società maschile, è stata narrata nei secoli a partire dal dramma scritto dal poeta greco Sofocle nel 440 a.C.  Ora venti attrici riunite in Collettivo la raccontano – ognuna nella propria regione e solo con un piccolo patrimonio di sassi – alle nuove generazioni, con l’obiettivo che possano conoscerla, ricordarla e raccontarla a loro volta.

Sezione pomeridiana

DIALOGHI

3, 4, 5, 6, 7 novembre – ore 17.00


3/11 GAETANO LETTIERI, professore ordinario di Storia del cristianesimo e delle chiese, Sapienza Università di Roma

Sinossi dell’intervento

Tentando di mettere a fuoco la paradossale eterologia del desiderio evangelico e cristiano, insisterò sulla compresenza tra esperienza di morte ed esperienza di rinascita come sue articolazioni irrinunciabili. Si tratterà, quindi, di ripensare l’attualità scandalosa del rapporto cristiano con la trascendenza dell’altro, mostrando come l’autentica spiritualità cristiana sia quella di una responsabilizzante “mistica degli occhi aperti”: questa è instancabilmente impegnata nel riscatto delle vittime, nella prospettiva etica e politica di una democrazia a-venire, capace di dire sempre “Vieni!” all’altro. Non si dà infatti vita, né godimento, né libertà, né autentica comunità, insomma non si dà umanità degna di questo nome, senza esposizione al rischio tremendo ed esaltante del rapporto di accoglienza dell’altro in sé. L’eterologia cristiana, che crede in una vita inseparabile dalla morte e nella morte significata dalla vita, non può non essere ricapitolata nel vangelo di Gesù, del morto che è vivo: il cristianesimo è pertanto interpretabile come religione autodecostruttiva, che vive del suo morire, facendosi logos della carne, della sua sofferenza e del suo riscatto, della testimonianza del dono e dell’attesa messianica della venuta dell’altro, riuscendo ad essere ancora attuale nella nostra cultura secolarizzata e demitizzata

4/11 GIANFRANCO ZIDDA, dottore in Lettere, Archeologia e studi classici, del Mediterraneo Antico e del Vicino Oriente; funzionario Sovrintendenza ai Beni culturali della Valle d’Aosta

L’interpretazione difficile. Ipotesi di identificazione di personaggi raffigurati nella statuaria antropomorfa megalitica di Aosta


5/11 ANDREA DÉSANDRÉ, insegnante; ricercatore presso l’ Istituto storico della resistenza e della società contemporanea di Aosta

Sinossi dell’intervento

La tradizione eleusina fissa due date molto precise: il 1216 a.C., l’anno in cui Demetra stessa avrebbe costituito il suo culto misterico ad Eleusi, e il 380 d.C., l’anno di chiusura del tempio voluto dalla dea. La stessa tradizione prolunga poi di molti secoli la storia dei misteri eleusini e la fa scorrere sino ai giorni nostri attraverso mille rivoli carsici che solcano in lungo e in largo la cultura occidentale. L’intervento proporrà un itinerario nello spazio e nel tempo lungo le tracce, a volte tanto evidenti da risultare invisibili, di questa antichissima e impenetrabile misteriosofia. Si partirà ovviamente dalla pianura di Enna, il luogo del rapimento di Persefone, per poi proseguire velocemente, passando da Creta, verso Eleusi. Da qui si riprenderà il viaggio che, dopo aver toccato diverse località (Alessandria d’Egitto, Costantinopoli, Ferrara, Firenze, New York, Torino, ecc.), giungerà nella nostra Valle.

Nota biografica

Andrea Désandré (Aosta, 1971), insegna Materie Letterarie negli istituti superiori della regione. Attualmente, grazie ad un distacco, svolge attività di ricerca presso l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in Valle d’Aosta e si occupa soprattutto di formazione e cultura delle élite dirigenti locali, tema a cui ha dedicato diversi saggi storiografici.

6/11 ENRICO PIERGIACOMI, storico della filosofia antica e collaboratore di ricerca post-doc, Università degli studi di Trento; studioso di teatro

Sinossi dell’intervento

L’intervento si ispira al percorso drammaturgico originale de I due abissi di Spica e alla sua riscrittura del mito di Demetra. Esso si divide sostanzialmente in due parti. Nella prima, si propone che il mondo dei vivi e il mondo dei morti non siano nettamente separabili, o due ambiti del reale tra loro incomunicabili, bensì due piani di esistenza che possano entrare in rapporto reciproco. Il racconto del rapimento di Persefone da parte di Ade che simboleggia il ciclo delle stagioni è uno dei molteplici esempi che possono essere addotti, infatti, per spiegare come vita e morte siano tra loro inestricabili. L’estate e la primavera non risorgerebbero vigorose ogni anno, se non morissero ciclicamente col giungere dell’autunno e dell’inverno. Inoltre, sia la vita che la morte sono accomunate dal fatto di essere appunto due “abissi”, ossia due dimensioni in larga parte misteriose e insondabili, nonché due “universi sonori”. Anche i morti emettono suoni dall’oltretomba, solo che i vivi sono troppo occupati dalle loro faccende per poterli udire e riconoscere.

La seconda parte dell’intervento presenta e tenta di risolvere il problema che segue. Posto che il mondo dei vivi e il mondo dei morti possono entrare comunicazione, in che modo si può gettare un ponte tra i due? L’area megalitica di Aosta era una zona dedicata all’incontro dei vivi e dei morti attraverso il rito religioso, o meglio il rito “sonoro”. Si proporrà, dunque, che si possa gettare un ponte tra vita e morte attraverso il canto. Quest’ultimo trarrebbe allora origine dallo sforzo di mettere vivi e morti in relazione.

Nell’intervento, si tenterà di proporre una visione “laica”, o una razionalizzazione dell’esperienza rituale. Vita e morte non sono separabili perché l’una non si darebbe senza l’altra. Se l’esistenza non fosse breve e mortale, l’artista non canterebbe né comporrebbe poesia, perché non avrebbe ragione di salvare dalla caducità i suoni che appaiono nella nostra esperienza, per poi subito dileguarsi nel vento.

Nota biografica

Enrico Piergiacomi cultore delle materie di Storia della filosofia antica e di Storia del teatro presso l’Università di Trento. È specializzato nello studio del pensiero teologico antico e delle sue ricadute morali, nonché dei rapporti tra filosofia e teatro. Attualmente, supervisiona il Laboratorio Teatrale e il Progetto Arianna dell’Università di Trento (http://r.unitn.it/it/lett/laboratorio-teatrale), nonché cura la rubrica Teatrosofia (http://www.teatroecritica.net/tag/teatrosofia/) con Teatro e Critica, dedicata alla ricostruzione delle concezione che i filosofi antichi avevano dell’arte dell’attore. Dal 2016, frequenta il Libero Gruppo di Studio d’Arti Sceniche, coordinato da Claudio Morganti. È co-autore con la prof.ssa Sandra Pietrini di Büchner, artista politico (Università degli Studi di Trento, Trento 2015), autore di una Storia delle antiche teologie atomiste (Sapienza Università Editrice, Roma 2017), curatore e traduttore del libro di Phillip Mitsis, Libertà, piacere, morte. Studi sull’Epicureismo e sulla sua influenza (Carocci, Roma 2018; di prossima pubblicazione). Un suo profilo completo è consultabile su Academia.edu: https://unitn.academia.edu/EnricoPiergiacomi

7/11 ENRICO MONTROSSET, studioso di filosofia

Sinossi dell’intervento

E’ possibile una mitologia oggi? Si può parlare di pensiero mitico e di verità mitica?
Queste e altre domande orientano il percorso che vi propongo. Il rapporto tra il mythos e il logostra il racconto delle cose e la ricerca della loro verità costituisce un tema di riflessione che si articola lungo tutta la storia del pensiero, sin dall’antichità greca.
Ma perché a un dato momento l’uomo occidentale sembra non avere più bisogno dei miti e del mitico?
A partire della drammaturgia proposta da Replicante Teatro, intendo poi riflettere in modo particolare sul duplice movimento di discesa e ascesa, di catabasi e anbasi – secondo il lessico greco – che ha caratterizzato non solo l’immaginario mitico greco ma anche quello moderno e più vicino a noi.

Nota biografica

Laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano) con la tesi: “L’Archeologie par l’exemple: studio sulle relazioni tra il metodo archeologico di Michel Foucault e la serialità integrale delle composizioni musicali di Jean Barraqué”, continua la sua formazione partecipando presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano al III Corso di Perfezionamento in Discipline Filosofiche e Storiche dal tema: Filosofia, etica e politica nel Novecento europeo. Dal 2007 è impegnato nella divulgazione della filosofia e delle storia delle idee in numerose scuole superiori, università e corsi privati della Valle d’Aosta. Lavora dal 1997 nella sua casa di produzione audiovisiva L’Eubage srl. Si occupa in particolare della relazione tra suoni e immagini e dei legami tra gli immaginari culturali, la tecnologia e gli strumenti di creazione e le dinamiche dell’immaginazione individuale. Dal 2015 è direttore artistico della struttura aggregativa, di promozione sociale e culturale La Cittadella dei Giovani di Aosta.

Sezione soirées

dal 1° al 7 novembre 2018 – ore 21.00

Replicante teatro

I DUE ABISSI DI SPICA

un rito sonoro

un progetto di Barbara Caviglia e Andrea Damarco

ideazione e regia
Barbara Caviglia e Andrea Damarco

drammaturgia
Barbara Caviglia

con
Barbara Caviglia e Andrea Damarco

composizione della tessitura musicale ed esecuzione dal vivo
LabPerm: Domenico Castaldo, Ginevra Giachetti, Marta Laneri, Rui Albert Padul, Natalia Sangiorgio

sound
Luca Minieri

luci
Paolo Lamberti

live visuals
Andrea Carlotto – Silent Media Lab

realizzazione costumi e oggetti di scena
Studio Sossai Scenografie Bologna

organizzazione
Roberta Carla Balbis

Dalla drammaturgia :

Le persone del dramma
Un uomo
Una donna
Coro guidato da un corifeo

La scena
Un confine che ha sofferto molte morti e generato molte vite

Argomento
Solo l’amare, solo il conoscere, conta; non l’aver amato, non l’aver conosciuto

Prologo

Siamo su un confine che ha sofferto molte morti e generato molte vite
Da questa parte un recinto sacro
La zampata di un ferro per buoi lo attraversa e da essa proviene un canto d’ira accesa
Che illumina il tunnel tra la vita e la morte
Nei solchi della terra arata
Un essere nasce già uomo strisciando tra i vuoti e le paure della vita giunta a metà,
quando la morte a testa in giù ride mostrando i denti
Davanti, la platea
A voi che siete qui, presenti, ora,
apparirà la storia di  Dèmetra dalla bella chioma,
e di sua figlia Persefone dalle caviglie sottili,
strappata alla madre per volere di Zeus

Questa non è solo la commedia che si vede e che si sente,
ma anche la commedia che non si vede e non si sente
Questa non è solo la commedia di ciò che si sa,
ma anche di ciò che non si sa
Questa non è soltanto la commedia delle bugie che si dicono,
ma anche della verità che non si dice

Mito di Demetra e Persefone (Kore) – SINOSSI

Persefone, unica figlia della dea Demetra, cresceva insieme a sua madre.
Ade se ne innamorò, e con il favore di Zeus la rapì: mentre Persefone stava raccogliendo fiori in un prato, improvvisamente la terra le si aprì sotto i piedi e la fanciulla venne trascinata nel mondo di sotto.
Quando Demetra si accorse che la figlia era scomparsa, impazzita dal dolore cominciò a cercarla, giorno e notte, per mari e per monti.
E nessuno volle aiutarla.
Dopo nove giorni e nove notti di disperazione, Ecate ne ebbe pena e l’accompagnò da Elio, il sole, che le rivelò la verità.
Demetra per il dolore divenne talmente furiosa, da abbandonare il suo posto ed i suoi doveri sull’Olimpo e, travestendosi da vecchia, riuscì a farsi accogliere a servizio da Celeo, re d’Eleusi, come balia di un bimbo nato da poco.
Demetra desiderò farne un dio: lo ungeva d’ambrosia e di notte lo esponeva alle vampe del fuoco. Ma la madre del piccolo una notte scoprì il suo figliolo tra le fiamme e opponendosi alla volontà della dea, ne provocò l’ira.
Da quel momento la terra s’inaridì, le gemme appassirono, nessun albero fiorì o diede frutti. Sull’umanità si scaraventò una sofferenza pari a quella della dea madre.
Per placare quel dolore, Zeus ordinò allora ad Ade di rimandare Persefone a casa.
Ade obbedì, ma prima fece in modo che ella ingoiasse un seme di melagrana: in quel modo la legava al mondo sotterraneo per sempre. Persefone avrebbe dovuto tornarvi ogni anno per un terzo dell’anno.

DEMETRA (Δημήτηρ, Demēter)

Divinità della Grecia antica, strettamente unita, nel culto e nel mito, alla figlia, Kore o Persefone; sicché ordinariamente l’una e l’altra venivano designate insieme con appellativi comuni, come “le due Dee” (τὼ ϑεώ), “Le Venerande” (αἱ Σεμναί), “le Signore” (αἱ Δεσποιναι), “le grandi Dee” (αἱ μεγάλαι ϑεαί). Demetra, secondo l’etimologia più comunemente accettata (Δῆ μήτερ = Γῆ μήτηρ), è la Madre terra, la dea, cioè, della terra produttrice. Dea materna è dunque Demetra, oltre che dea dell’agricoltura. Ella ha donato agli uomini il frumento e ha insegnato loro a coltivarlo: dà loro la pioggia e il clima più favorevole alla vegetazione del grano, e ne protegge la maturazione.
Un altro aspetto di questa divinità è quello in cui essa si presenta in stretto legame col regno dei morti e con le divinità dell’oltretomba. Come tale e come madre di Persefone ella porta l’epiteto di Ctonia, e, oltre che con Ade, forma gruppo con Ermete Psicopompo, con le Erinni e con Dioniso: e così in Atene si chiamano Demetrioi (Δημήτριοι) i trapassati, e qui come a Sparta si soleva offrire un sacrificio a Demetra durante la cerimonia dell’inumazione.
Il nesso stabilitosi fra Demetra e le divinità infernali portò anche a un addolcimento nella figura di Ade e di Persefone. Eleusi fu il centro del culto di Demetra come divinità ctonica e dell’oltretomba: quivi si celebravano annualmente, col rito dei misteri, le grandi feste Eleusinie, le quali ricordavano il ritorno di Persefone agl’Inferi, dopo l’annuo soggiorno terreno presso la madre e ripetevano così simbolicamente l’eterna vicenda della natura che s’immerge nel letargo invernale, per risvegliarsi a nuova vita all’avvicinarsi della primavera.